Il testamento morale
Alla vigilia della mia andata alle armi, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, così dispongo della poca sostanza che Iddio e la mia previdenza mi consentono di disporre.Umile, ma convinto sacerdote della Chiesa cattolica di Cristo, mi professo profondamente ortodosso al suo dogma e alle sacre tradizioni secolari, e se, nel corso della mia vita sacerdotale, avessi potuto per debolezza umana mancare al mio dovere, ne domando perdono in prima a Dio, poi agli uomini, e in particolare ai miei cari Argentani, presso i quali ho da anni esplicato le mie energie nella missione sacerdotale.
Alla mia cara mamma ed ai miei amati fratelli chiedo venia se delle mie povere sostanze lascio tutto in favore di quell’Idea e di quella Missione alla quale avevo servito per tutta la mia vita; così sarò stato sacerdote non solo in vita ma anche in morte. Ad essi lascio il mio grande affetto, promessa che pregherò nel presente e nella vita futura, per averli meco in quella Patria celeste a cui, spero, Iddio mi chiamerà.
Nomino pertanto miei esecutori testamentari il M.R. don Luigi Tamburini e il sig. Raffaele Tedioli affinché diano esecuzione a quanto sotto dispongo. Della somma complessiva lascio:
1. Lire 1.000 per l’Altare del SS. Sacramento della mia parrocchia: piccola offerta per il decoro della residenza del Dio-Uomo, simbolo ed attestato però di vita e grande fede.
2. Lire 150 per in doratura dei candelabri di S. Nicolò, essendo questo un voto fatto nel tempo della mia malattia.
3. Lire 100 alla Scuola d’Infanzia.
4. Lire 250 al Seminario di Ravenna.
5. Lire 250 per erigenda Biblioteca di letture cattoliche in Argenta. La somma restante vada così divisa:
6. Due quinti per l’erigendo Laboratorio e ricreatorio femminile nella Casa Liverani condotta dalle Reverende Suore della Carità in Argenta.
7. Due quinti per il Circolo giovanile al quale lascio pure il biliardo da me acquistato.
8. Un quinto al mio caro Ricreatorio maschile, alla cui fondazione e alla vita del quale ho tanto cooperato e darei molto di più se mi fosse possibile, perché in esso vedo la salvezza morale e religiosa del mio amato paese. Pregherò Iddio perché altre anime nobili vogliano in vita e in morte soccorrere generosamente questa cara e santa istituzione.
La mia biblioteca e le mie memorie scritte le dono all’amico e maestro carissimo Don Giovanni Mesini in segno di affetto, stima e gratitudine. Quanto non gli servirà lo prego cederlo alla Biblioteca di cui ho fatto sopra menzione.
Le mie cose personali le lascio alla mia famiglia con preghiera di voler regalare ai seminaristi poveri quanto a loro non utile. Sono comproprietario di una casa posta in via Pietro Alighieri n. 12 a Ravenna che lascio alla sorella Ida, sicuro che vorrà se non ora, certo a tempo opportuno ricordarsi dei miei fratelli. Non ho fatto legati di Messe, non perché non abbia bisogno di suffragio, ma perché sono convinto che Iddio gradirà la mia carità e il mio aiuto a queste istituzioni che mirano direttamente alla salvezza e redenzione della coscienza.
Se dovessi morire in questo tempo di lotta e di riscossa nazionale, prego Iddio che mi faccia morire compiendo fino all’ultimo il mio dovere di sacerdote e di italiano, felice di chiudere il mio breve periodo di vita in un sacrificio supremo.
Se morrò, e Iddio voglia che questo avvenga sul campo dell’onore, dopo aver invocato i nomi divini di Gesù e di Maria, avrò un pensiero per i miei cari, il mio popolo, ed in modo particolare per la gioventù argentana che ho tanto amato e per la quale ho lavorato colle mie migliori energie, nella viva speranza di vederla sciolta da ogni vincolo di scetticismo e di sensualismo, perché solo nella piena libertà da ogni basso istinto, l’ho sognata bella e nobile.
Termino questo breve testamento, alla vigilia di un distacco profondamente sentito, col rivolgere a Dio la preghiera che feci nel giorno della mia prima Messa: “Signore fa che io sia tuo degno sacerdote, non solo sull’altare, ma nella vita e nel sacrificio di me stesso. Sempre!”
Argenta, 25 luglio 1916